Three Wonders: Don't Pull
[Capcom, 1991]



Legenda giudizi:
S = eccelso
A = ottimo
B = buono
C = discreto
D = sufficiente
E = scarso
F = pessimo
ING = ingiudicabile

Intro

Terzo e ultimo titolo della trilogia di giochi chiamata Three Wonders, Don’t Pull si distingue da Midnight Wanderers e Chariot non solo per il genere di appartenenza ma anche per la sua totale estraneità a livello di storyline rispetto ai suddetti. Rimandando alla recensione di Midnight Wanderers per ogni riferimento all’origine di Three Wonders, mi limiterò in questa sede ad analizzare il programma come gioco singolo.

Game design

Don’t Pull è un puzzle/action game a schermo fisso che fa parte della stirpe generata da Pac Man e Pengo. Lo scopo del gioco è eliminare tutti i nemici presenti sullo schermo spingendo contro a loro i blocchi sparsi per il campo di gioco in modo da schiacciarli contro altri blocchi o contro il perimetro del “ring”. Al lettore più attento non sarà sfuggito un fatto singolare: la descrizione sopra esposta è esattamente la stessa fattibile per uno dei due giochi citati all’inizio del paragrafo, cioè Pengo. Se lo stesso lettore avrà la bontà di provare il titolo qui recensito si renderà conto di un fatto ben più grave: il game design non è solo ispirato al titolo Sega targato 1982, ne è quasi un plagio.
Il sistema di controllo è, neanche a dirlo, identico al capostipite: movimenti in quattro direzioni e un solo tasto adibito alla spinta dei blocchi.
Per rendere più movimentata l’esperienza di gioco sono state inserite una serie di variabili. Sono innanzitutto presenti blocchi indistruttibili, impossibili da scalfire anche se spinti quando dall’altra parte sono presenti altri blocchi; ancora una volta dobbiamo rimarcare che l’idea era già presente in Pengo. Le differenze fra i due prodotti iniziano con la presenza in Don’t Pull di blocchi-bomba che esplodono quando vengono spinti e entrano in contatto con un muro tramortendo per alcuni secondi tutto ciò che si trova nelle vicinanze (giocatore escluso); se sono invece utilizzati come blocchi normali ne hanno la consueta funzione. Vi sono inoltre dei blocchi raffiguranti un disegno a stella che, qualora distrutti, rilasceranno un frutto (raccogliendone dieci si ottiene una vita extra); da sottolineare come ogni tanto compaiano dal nulla dei frutti molto grossi che, qualora acciuffati, forniranno ben quattro unità di frutta al giocatore.
Nel gioco non vi è poi un vero e proprio muro esterno, ma una specie di zona franca (più o meno grande a seconda del livello) nella quale solo alcuni tipi di nemici vi possono seguire; in compenso la zona è costantemente atrraversata da più massi rotolanti che sono ovviamente invulnerabili (dato che i blocchi non vi possono essere spostati) e che la percorrono con velocità senza sosta. Un ultimo aspetto è rappresentato dal respawn dei nemici: essi accedono al campo di gioco tramite dei tombini che possono essere tappati coi blocchi col risultato che, a patto di non spostare più quel blocco, i nemici che si trovano sotto di esso sono dati per sconfitti.
Esistono solo due tipi di avversari: degli strani slime saltellanti e dei dinosauri che possono sputare fiammate lunghe tre blocchi, in maniera non dissimile a quelli presenti in Dig Dug.
E’ inoltre possibile il gioco simultaneo a due, col primo giocatore rappresentato da un coniglietto e il secondo da uno scoiattolo. Da notare come durante il gioco in coppia sia possibile scagliare blocchi contro l’amico tramortendolo per qualche secondo; questa eventualità si realizzerà ovviamente solo in caso di errore.

Grafica

I giochi di questo tipo non hanno mai fatto stropicciare gli occhi agli utenti, preferendo un approccio che predilige la chiarezza e la funzionalità all’inutile ornamento estetico. Anche in questo caso la regola è rispettata: protagonisti e nemici sono immediatamente identificabili, così come lo sono i blocchi di vario genere e i frutti bonus.
Il gioco vanta un design super deformed molto indovinato, che risulta piacevole e allo stesso tempo denuncia una certa attenzione al dettaglio degli sprites. L’uso di colori caldi e vivaci convince e si dimostra appropriato, completando un quadro grafico che, data la natura del genere, non brilla per varietà ma che tutto sommato porta a termine il suo compito con successo.
Giudizio: C

Sonoro

Se mai è esistito al mondo qualcosa di anonimo, questo è il sonoro di Don’t Pull: nulla, dalla musica agli effetti sonori, resta impresso nella memoria per più di due secondi, tanto che faccio perfino fatica a ricordarne gli elementi minimi per un giudizio. L’unica cosa che mi sovviene in questo momento è la pessima musichetta che introduce ogni stage, e non mi sembra di ricordare che la qualità generale si discosti poi molto da questi standard. Oltretutto i termini di paragone in seno all’harware CPS1 sono davvero umilianti. Se poi ripenso alla musica di Pengo, che ancora fischietto sotto la doccia…
Giudizio: F

Giocabilità

Il gioco risulta sufficientemente giocabile grazie a comandi che rispondono bene e a una struttura stimolante al minimo sindacale.
Il problema principale è che il programma pare privo di una propria identità, limitandosi a copiare un’idea originale sviluppata nel 1982 introducendo varianti assai poco significative (peraltro nella maggioranza dei casi già viste in altri giochi) e che comunque non giustificano in alcun modo un’operazione del genere.
Sul giudizio pesa quindi come un macigno il fatto che questo titolo sia il clone spudorato di un gioco tra l’altro già molto copiato in passato e al quale non aggiunge davvero nulla di nuovo, risultando arcaico e poco divertente. Tutto questo lo porta a rimediare una meritata bocciatura.
Giudizio: E

Longevità

La presenza di soli sedici livelli in un gioco già concettualmente molto povero conferma una volta di più la scarsa fiducia riposta da Capcom in questo progetto. L’idea di allungare la minestra facendo ripetere i livelli due volte non mi è mai piaciuta neanche quando inserita nei grandi classici (Ghosts’n Goblins docet), figuriamoci in questo caso. Decisamente da evitare il multiplayer, a meno che non vogliate perdere amicizie.
Giudizio: F

Conclusioni

Programma anacronistico di mediocre qualità e di pessimo appeal, Don’t Pull si salva dal giudizio più basso solo grazie a un’apparenza grafica in linea con i tempi e a una struttura di gioco che, per quanto clonata da un vecchio classico, è invecchiata dignitosamente; sfuggono tuttavia i presupposti sulla base dei quali è stata presa la decisione di riprendere un concept obsoleto ormai da anni anziché cercare una via più personale e sicuramente più adatta agli anni novanta.
Se i motivi che hanno spinto Capcom a raccogliere in un titolo unico Midnight Wanderers e Chariot piuttosto che rilasciarli come singole unità rimangono un mistero, non si fatica a comprendere perchè Don’t Pull sia finito nella raccolta: probabilmente ha atteso diverso tempo prima di essere pubblicato e, se questa bizzarra collezione non fosse mai nata, forse non avrebbe nemmeno visto la luce. La domanda è: qualcuno ne avrebbe sentito la mancanza?
Giudizio finale: E

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