Dyger
[Philko, 1989]


Dyger (C) 1989 Philko

Grafica: 68%

Non male. Niente di trascendentale, intendiamoci, ma per essere un gioco coreano antecedente gli anni '90 direi che non è affatto male. Gli sfondi sono abbastanza curati anche se non sono proprio molto vari, il design dell'astronave del giocatore è un po' anonimo mentre i boss di fine livello sono sufficientemente originali. Le animazioni sono ridotte all'osso e le esplosioni sono sicuramente molto meglio di quelle che imperano negli sparatutto della Doyoong di qualche anno seguente (vedi Gulf Storm). Complessivamente nella media.

Sonoro: 50%

Della musica parlo per via ipotetica poichè è praticamente impossibile distinguerla, dato che è sommersa dai fastidiosi effetti sonori, settati ad un livello, secondo me, esageratamente elevato. Irritante il rumore dello sparo del giocatore, nella norma tutto il resto. Diciamo pure che si tratta del punto debole del gioco.

Giocabilità: 82%

Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall'introduzione: finalmente un plot come si deve! Una volta tanto conosciamo il motivo per cui ci troviamo a sterminare aerei, carri armati e quant'altro accenni a muoversi sullo schermo... il gioco vero e proprio, a dirla tutta, non si discosta affatto dal solito schema dello shoot 'em up, genere che di per sé non offre, fra l'altro, grandi spunti per inventare qualcosa di nuovo. I ragazzi della Philko hanno introdotto però una variante al concetto di potenziamento dello sparo: la nostra astronave ha a sua disposizione infatti diversi power-up (e ad ognuno corrisponde un'arma diversa), i quali hanno una durata limitata e quindi, trascorso un minuto circa, la potenza di fuoco ritorna al livello precedente, in un andamento decrescente che si protrae finché non si ritorna allo sparo standard. Non si tratta di un titolo di grande richiamo, nel senso che non vanta la produzione di case rinomate come la Taito o la Namco, per cui l'utente potrebbe accostarsi a questo gioco un po' prevenuto, ma ogni riserva è destinata a cadere dopo qualche partita, data l'immediata giocabilità e qualche elemento che richiama alla mente classici del passato (ovvero: le bombe aria-terra per distruggere i carri armati, mutuate da Xevious).

Longevità: 73%

Non finirete Dyger tanto presto, anche se superare tutti e 7 i livelli non è certo un'impresa impossibile. Una volta mandati a memoria i pattern dei boss di fine livello, superarli sarà solo questione di pazienza, soprattutto se vi presentate al loro cospetto con uno sparo non molto potente. Irritante a mio parere la scelta di mettere nell'ultimo livello tutti i boss degli stage precedenti uno dietro l'altro, prassi purtroppo non proprio rara sia negli sparatutto che nei picchiaduro, cosa che ho sempre considerato un espediente per "allungare" il gioco senza doversi spremere le meningi. La sequenza finale, purtroppo, non è affatto all'altezza dell'introduzione e una volta terminato il gioco, dubito che lo rigiocherete successivamente, anche perché non ci sono bonus nascosti o strategie particolari per ottenere punteggi stratosferici.

Globale: 68%

Un titolo senza fronzoli che, pur senza la reputazione e le possibilità di diffusione di una software house nipponica, si attesta più o meno sugli stessi livelli dei prodotti concorrenti provenienti dal Sol Levante. Un'ottima storia che avrebbe potuto essere sfruttata diversamente (certo sarebbe stata un'ottima idea mettere delle schermate di intermezzo per illustrare la sua evoluzione), un criptico e deludente finale e in mezzo sette livelli di distruzione non esattamente frenetica, a dire il vero. Il risultato finale si traduce in un onesto sparatutto senza molte pretese che vi procurerà un divertimento a media scadenza, che faceva all'epoca ben sperare sulle capacità dei videogiochi coreani, speranza ampiamente disattesa negli anni '90 per (de)merito della Dooyong prima e successivamente della Yung Sung e della AFEGA.

- Vaz

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